cinzia ha scritto:si..forse ora sei stato più chiaro, oppure mi sono sintonizzata meglio![]()
tralasciando il passato, che complica troppo le cose, ti faccio due esempi comparabili di alto artigianato, due dialoghi immaginari, uno con un figlio, l'altro con una rivale più giovane;
premesso che trovo Baglioni un talento melodico straordinario e a modo suo onesto e genuino, che ha scritto tante cose apprezzabili in chiave gozzaniana;
qui mette in atto tutto il suo artigianato paraculo, però cade malamente in termini di gusto: tutte le parole sono facili e accattivanti, piene di luoghi comuni, come la melodia e l'armonia, ma nel momento di maggior pathos ti piazza quel "avrai la stessa mia triste speranza"... che minchia vuol dire ? tutto e niente;
sono quelle parole "poetiche in sé, tipo il sogno, l'infinito, cui ricorrono i poetucoli da strapazzo per fare effetto e strappare la lacrimuccia e l'applauso, non sapendo descrivere un sentimento autentico e diretto;
qui Baglioni ce le mette come il carico da undici a briscola, proprio a dire: ve vojo fa piàgne facile

la canzone cantata da Mina invece, descrive un sentimento non edulcorato, complesso ma non equivocabile: c'è chiaramente rassegnazione all'abbandono, e al tempo stesso empatia sincera per la rivale, che forse subirà lo stesso destino; un tema classico nel confronto tra donne;
anche la musica, nonostante gli arrangiamenti datati, ha un pathos più sobrio e controllato, proprio a sottolineare la complessità del sentimento;
la bellezza, o bruttezza, la percepiamo proprio dall'armonia con cui questi elementi sono composti e dalla genuinità e freschezza dell'espressione che ne viene fuori; magari, tra cento anni, nessuno saprà più l'italiano, quello di oggi, e non sarà in grado di percepire quello che a noi, oggi, è abbastanza evidente negli esempi che ti ho fatto;
e per i classici del passato è lo stesso:
Beethoven tocca sapientemente certi sentimenti, ma lo fa in modo autentico, equilibrato, articolato e complesso, in modo autonomo: scriveva così perché si sentiva così, non per compiacere le aspettative del pubblico;
altri - come oggi fa Allevi - invece confezionavano cose gradevoli in un modo che sapevano sarebbe piaciuto al pubblico, "alla maniera di..."; oggi in assoluto possiamo coglierne pathos e gradevolezza, ma la qualità vera è qualcosa che si capisce bene solo collocandole nel loro contesto, perché come tutti i linguaggi il significato è relativo:
se io sono Borghezio e do del "frocio" a Vendola in tv, è un conto; se io incontro un amico che lucida la moto per strada e gli dico: sei proprio frocio pe' sta moto, è un altro...