La seconda di queste virtù, la speranza, costituisce quasi il filo conduttore della Bibbia. Essa, infatti, è protesa verso il futuro messianico.
Gli eventi negativi nella vita motivano alla “di – sperazione” e non alla speranza, come confessa nel veterotestamentario “Libro di Giobbe” l’omonimo patriarca, la cui fede è messa alla prova da parte di Dio: “I miei giorni scorrono veloci come una spola, svaniscono senza un filo di speranza … La mia speranza dov’è nascosta ? Qualcuno ha intravisto la mia felicità ?” (7, 6; 17, 15).
L’apostolo Paolo usa due vocaboli greci per descrivere la speranza:
“elpìs”, che col relativo verbo risuona 86 volte nel Nuovo Testamento;
“hypomoné”, che evoca l’idea di un “rimanere sotto” un peso da reggere, ma con la certezza che giungerà la sosta per sgravarsi dal peso.
La speranza è collegata con l’attesa e la pazienza. Significativa è al riguardo la parabola del grano e della zizzania: “Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio” (Mt 13, 24 – 30).
Forte è la tentazione di reagire con ira, irrompendo e devastando la zizzania ma con essa anche il grano. La speranza è, invece, fermezza pacata e misurata, che sa attendere il tempo in cui Dio interverrà col suo giusto giudizio.